Storia di un arrampicatore sociale. Bel-Ami, di Guy de Maupassant

 


E mai nessuno torna indietro, mai… Conserviamo i calchi delle statue, gli stampi che rifanno oggetti sempre uguali; ma il mio corpo, il mio viso, i pensieri, i desideri non torneranno più. E tuttavia nasceranno milioni, miliardi di creature che avranno in qualche centimetro quadrato un naso, degli occhi, una fronte, delle guance e una bocca come me, e anche un’anima come me, senza che sia mai io a ritornare, senza che mai possa almeno riapparire qualcosa di me riconoscibile in quegli esseri innumerevoli e diversi, infinitamente diversi quantunque pressappoco simili. 

Perché leggere Bel-Ami di Guy de Maupassant? 

Bel-Ami è un romanzo spietato. Il lettore che avesse intenzione di intraprendere la lettura di quello che è un libro semplicemente bellissimo, sappia fin da principio che Guy de Maupassant scava senza remore nelle bassezze dell’animo umano, costruendo una storia da cui nessuno esce vincitore, neppure chi in apparenza lo è. Ne scaturisce un quadro morale e sociale di desolazione assoluta, di un mondo in cui tutti usano tutti e in cui non vi è valore o nobile sentimento che sopravviva alla logica dell’interesse e dell’affermazione di sé. Tutto questo sullo sfondo di una società raffinatissima e privilegiata. Come de Maupassant svela con nitidezza, anche là dove la lotta per la mera sopravvivenza è ben lontana, prestigio sociale, potere e ricchezza divengono la posta in gioco in grado scatenare una ferocia ancor più insidiosa, in quanto velata dall’ipocrisia.  
 
Di cosa tratta?

In un’afosa serata estiva del 18.. il giovane sottufficiale Georges Duroy girovaga senza meta per le strade di Parigi. La città è splendida, ricca di vita e di mille opportunità di divertimento che per lo squattrinato Duroy sono incessante fonte di frustrazione. Il caso mette sulla sua strada Charles Forestier, suo ex commilitone. I due si salutano con entusiasmo e, sull’onda dei ricordi della campagna combattuta insieme in Nord Africa, trascorrono la serata insieme. 
Forestier è riuscito a fare carriera: è un giornalista che scrive per la Vie Française, ha una casa elegante e una bella moglie. Duroy, invece, ha un modestissimo impiego presso le Ferrovie del Nord, vive in un appartamento ammobiliato e trascorre le giornate nella snervante attesa che qualcosa nella sua vita migliori, senza sapere come. In nome dell’antica amicizia, Forestier invita Duroy a cena a casa sua per la sera seguente. Da qui in poi la vita di Duroy prende una svolta: introdotto nel bel mondo parigino, grazie all’aiuto di Madeleine Forestier e della sua amica M.me de Marelle, Duroy inizia una lenta e progressiva scalata sociale che, dagli inizi come redattore alla Vie Française, lo porterà ad acquisire posizioni di sempre maggiori importanza.
Duroy scopre, infatti, poco a poco di avere una carta vincente non comune a tutti: piace incredibilmente alle donne, tanto che, un po’ in ogni ambiente, inizia a essere conosciuto come Bel-Ami. Seducendo a una a una le mogli o le figlie degli uomini che a Parigi contano, Bel-Ami – Duroy, figlio di poveri contadini della Normandia, arriva a diventare uno dei personaggi più importanti della capitale.

Robert Pattinson interpreta Bel-Ami nell'omonimo film del 2012 

Dunque la storia di un riscatto sociale? Non certo agli occhi dell’autore, e dei lettori, che, al di là della rigorosa oggettività della narrazione di de Maupassant, scorgono in Duroy un cinico arrampicatore sociale, la cui ascesa non avviene in virtù di quelle abilità che ci si aspetterebbe da un eroe da romanzo, ma grazie alla sua capacità di manipolare chiunque gli stia accanto, a partire dalle donne.
Nel 1830, cioè oltre cinquant’anni prima dell’uscita di Bel-Ami (pubblicato nel 1885) un altro grandissimo romanziere francese aveva già affascinato il suo pubblico con la storia di un umile figlio di un falegname della provincia francese, Julien Sorel, che cercava di realizzare i sogni di gloria e ricchezza grazie al suo fascino e alla sua cultura. In Il rosso e il nero Stendhal aveva raccontato la faticosa ascesa di Sorel fino al momento in cui Julien arrivava ad essere prossimo a sposare la figlia, da lui compromessa, del marchese de La Mole. Ma la vicenda de Il rosso e il nero, come sa chi conosce il libro, si chiudeva con la precipitosa caduta in disgrazia del protagonista e (spoiler!) con la sua condanna a morte per tentato omicidio. 
Con Bel-Ami Guy de Maupassant costruisce un personaggio ben più scaltrito e privo di scrupoli. Nutrito inizialmente dalla forza della disperazione e poi da un desiderio violento di affermazione, Georges Duroy apprende in fretta le regole della buona società parigina, in cui l’apparenza è tutto (“a Parigi importerebbe meno avere un letto che il vestito giusto”, sentenzia Forestier) e impara, soprattutto, a indirizzare ogni suo gesto e parola verso un fine ben preciso. Il suo opportunismo lo induce a sacrificare amicizia, amore, lealtà nel nome del successo personale.
De Maupassant rifiuta di prendere posizione nei confronti della vicenda narrata o dei comportamenti del protagonista: semplicemente racconta. Se pur distante da ogni pretesa di “scientificità” della narrazione che ispirava i romanzi naturalisti del suo amico Emile Zola, de Maupassant mette a nudo i meccanismi del darwinismo sociale che animano i rapporti fra gli uomini. 

Virginie Walter, Madeleine Forestier e Clotilde de Marelle nel film Bel-Ami del 2012 

Bel-Ami emerge nella sua spregiudicatezza come il frutto di una società altrettanto spregiudicata in cui il naufragio aspetta coloro che, come Madeleine Forestier o il ministro Laroche-Mathieu, commettono passi falsi. Egli si adatta con istinto animalesco agli ambienti che attraversa: lascia alle spalle Georgres Duroy, il rude figlio di contadini normanni, il sottoufficiale spaccone, per vestire i panni di Bel-Ami, il raffinato intellettuale militante, impegnato in delicate campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica contro la corruzione del governo, per poi trionfare come Georges, barone Du Roy, proprietario di una tenuta di campagna in Normandia, in grado di competere con blasonati rivali per la mano delle fanciulle della migliore società parigina.

Bel-Ami suscita, dunque, l’ammirazione persino di coloro che egli inganna o tradisce (come Walter, il ricco affarista proprietario della Vie Française, che, pur constatando quanto Duroy sia un “mascalzone”, non può fare a meno di commentare fra sé “Però è un tipo in gamba […] È un uomo che ha un grande futuro, sarà deputato e ministro”) e, in definitiva anche quella del lettore che non può non riconoscere l’abilità di Bel-Ami nell’escogitare le strategie più adatte ai suoi fini 
La sua determinazione si configura come l’espressione di un vitalismo primitivo, quasi superomistico, o forse animalesco, reazione all’intensa percezione della labilità delle cose. Così, dopo aver assistito alla straziante agonia di Forestier morente, Duroy non può fare a meno di pensare “la sola buona cosa della vita: l’amore! Tenere fra le braccia la donna amata!”. In seguito del monologo nichilista del poeta Norbert de Varenne, Duroy si sente “col cuore stretto in una morsa”, “come se gli avessero appena mostrato una fossa piena di ossa”, ma subito la sua attenzione viene attirata dall’intensa scia di  profumo di verbena e giaggiolo lasciata da una donna che scendeva da una carrozza e tanto gli basta per pensare che “tutto gli sorrideva, la vita lo accoglieva con amore”. 

Attorno alla vicenda di Bel-Ami ruota il caleidoscopio della Parigi fin de siècle, la stessa celebrata dagli impressionisti: le Folies Bergère, le bettole, i palazzi di lusso, le dimore dell’alta borghesia e gli appartamenti ammobiliati dei piccoli impiegati e degli amanti clandestini, la fiumana di gente che affolla  i boulevard, i parchi, l’Opéra, le feste private. 

Guy de Maupassant non tralascia di descrivere nulla, trovando sempre un aggettivo appropriato, un particolare realistico che ci consentono di immaginare la scena con immediatezza e vivacità in un quadro senza incanto e senza filtri in cui  potere, sesso e denaro si intrecciano indissolubilmente.