La letteratura spesso non si fa amare. Sembra quasi vi sia una diretta proporzionalità fra l’importanza di un autore e il pessimismo che regna nella sua opera: più la visione del mondo dello scrittore è drammatica, più si diverte a scoraggiare ogni nostra speranza e tentativo di consolazione, più egli sembra godere di stima presso gli addetti ai lavori, critici o insegnanti che siano.
A scuola, lo studente medio non ha
grandi speranze di sfuggire alle maglie dell’ottimismo che i grandi autori profondono
a piene mani. Anche volendo ignorare le constatazioni di Petrarca riguardo alla
brevità dell’esistenza (La vita fugge, et
non s’arresta un’hora, Canzoniere CCLXXII) o a quelle dantesche
relativamente all’importanza del nostro amato pianeta in una dimensione
universale (l’aiuola che ci fa tanto feroci, Paradiso, XXII, v. 151), Leopardi non manca di ricordarci che “amaro e
noia la vita, altro mai nulla” (A se stesso), Ungaretti incalza affermando che
“la morte si sconta vivendo” (Sono una creatura), Saba ribadisce che “il
dolore è eterno” (La capra) e così via.
Né più soddisfazione troverebbe
l’ipotetico studente medio nelle riflessioni dei romanzieri: il Ciclo dei Vinti
di Verga non lascia intravedere sin dal titolo momenti di lettura
particolarmente destinati a sollevare lo spirito, Pirandello mette in
discussione la nostra certezza di avere un’identità, Buzzati riserva al
sottotenente Giovanni Drogo il piacevole destino di attendere tutta la vita ciò
che non arriverà mai (e che forse neppure esiste) in una fortezza sperduta ai
confini del nulla.
Lo stesso Manzoni, dopo averci guidato per centinaia di pagine fra le peripezie di Renzo e Lucia e dopo averli finalmente finalmente condotti davanti all’altare per pronunciare il tanto sospirato “sì”, anche lui nega al lettore la possibilità di un lieto fine. “Il romanzo senza idillio”, così sono stati definiti i Promessi Sposi da Ezio Raimondi: a guardar bene, Renzo e Lucia non diventeranno neppure loro il prototipo della famiglia del Mulino Bianco. No. Piccole invidie, beghe di paese, problemi di lavoro, discussioni fra coniugi: ecco il destino che attende i nostri eroi all’atteso trentottesimo capitolo del romanzo. Insomma, tanto rumore per nulla. Neppure la Provvidenza, alla fin fine, riesce a garantirci il “vissero tutti felici e contenti”.
E se l’ipotetico studente medio in oggetto decidesse di riversarsi sulla lettura di scrittori non italiani? La scelta potrebbe spaziare fra La morte a Venezia di Thomas Mann (che, ricordiamo, ha pure tanto vivamente raccontato la decadenza di una famiglia ne I Buddenbrook, o la vita in un sanatorio ne La montagna incantata), le lunghe pagine in cui tanto realisticamente Flaubert descrive l’agonia di Emma Bovary alla conclusione del romanzo, il feroce dramma borghese della fedifraga Anna Karenina o, per citare un esempio conclusivo, l’allucinata sofferenza di Gregor Samsa che, in forma di gigantesco scarafaggio, viene bersagliato con le mele dai membri della sua stessa famiglia che, ben lungi dal provare pietà o solidarietà nei suoi confronti, si dimostra anzi profondamente disgustata alla sua vista.
Insomma, non c’è che dire. La letteratura più è grande, meno lascia spazio alla possibilità di illuderci positivamente sulla condizione dell’uomo, almeno così pare.
Ma non è forse che coloro che riescono a vedere la realtà in toni più rosei sono meno impegnati a scrivere e più a vivere?
Lo studente medio (ma anche il
lettore medio) non deve però preoccuparsi, esistono grandi letture che possono
aprire uno spiraglio consolatorio nella visione dell’esistenza. I suggerimenti
che seguono vogliono essere un elenco semiserio, sicuramente non esaustivo,
delle possibilità che tutti abbiamo di prendere in mano un libro e di arrivare
alle ultime pagine con un sorriso sulle labbra. Gli studenti medi ricordino ai
loro insegnanti che esistono anche questi libri da leggere.
1 La
letteratura per ragazzi. O meglio, quella che a torto viene considerata
letteratura per ragazzi. In realtà si tratta spesso di libri incendiari:
Pinocchio, Zanna Bianca, Ventimila leghe sotto i mari, Il giro del mondo in 80 giorni, solo per citarne alcuni.
Le fiabe possono essere considerate come parte di questo filone. Chi le
considera letture per bambini, si procuri Le fiabe italiane di Calvino.
Cambierà subito idea.
2) Jane
Austen. Una garanzia. Se desiderate storie a lieto fine, siete nel posto
giusto. La giovane protagonista dei romanzi della Austen troverà sempre l’amore
della sua vita. Non c’è incomprensione o scaramuccia di innamorati che non
verrà superata. Immancabili i fiori d’arancio.
3) Anche
la letteratura italiana ha autori che conoscono la leggerezza. Italo Calvino,
fra questi, ha mostrato magistralmente che si può essere seri, senza essere
seriosi. Se una notte di inverno un viaggiatore, Le cosmicomiche, Il cavaliere
inesistente, Il castello dei destini incrociati: la fantasia non ha confini. Stefano
Benni lo segue sulla stessa strada.
4) I romanzi gialli. Soprattutto i gialli tradizionali, come quelli di Conan Doyle e Agatha Christie, seguono un rassicurante schema. Un tremendo delitto viene compiuto, ma nessuno si scompone o dispera per questo. Un detective attento e acuto inizia indagare, riscostruendo ogni minimo particolare dell’accaduto. Alla fine il bene trionfa, il male è sconfitto, il colpevole è assicurato alla giustizia. Tutto ciò che è reale è razionale, nulla è sottoposto al caso. Stupendo.
5) Lo
humor britannico può dare grande soddisfazioni. Basti pensare al bel racconto
di Oscar Wilde, Il fantasma di Canterville, ma anche a Tre uomini in barca di
Jerome K. Jerome, per arrivare fino al recente, ma non troppo, Pesca al salmone
nello Yemen di Paul Torday. Libro intelligente, quest’ultimo, di critica alla
politica e ai suoi maneggi (nella fattispecie, al governo di Tony Blair), ma
anche di dichiarazione di sconfinata fiducia verso il potere dei sogni.
6) Il
Maestro e Margherita, di Bulgakov. Storia d’amore e di magia, in una Mosca in
cui gironzola nientemeno che il Diavolo, sotto l’aspetto di un gigantesco
gattone nero. L’amore, ovviamente, trionfa.
7) L’Odissea. Come ultimo suggerimento non poteva che esserci questo, il racconto dei racconti, l’alfa e l’omega di tutti le storie mai scritte e ancora da scrivere. Grandissimo esempio di letteratura consolatoria, mai abbastanza annoverato fra le letture scolastiche. L’apparentemente sfortunato re di Itaca vaga per anni alla ricerca della patria perduta, sopportando i colpi della sorte e infiniti dolori. Ma la realtà è che Odisseo, reduce da una guerra lunga dieci anni, girovaga per tutto il mare Mediterraneo sopravvivendo a tempeste, giganti cannibali, mostri marini. Resiste all’ira di Poseidone e a quella del dio Sole, al rischio di essere trasformato in un maiale, va e viene indenne dall’oltretomba, si smarrisce mille volte. E dopo tutto ciò, trova la strada per raggiungere la sua isola, ritorna a casa, si riprende il regno. E per giunta la bella moglie Penelope lo ha aspettato per vent’anni, restandogli fedele, pur avendo la reggia invasa da un centinaio di giovanotti testosteronici. Che dire più di così? Davvero, andrà tutto bene.