Non ho fatto altro che dar corso al diritto naturale. E il diritto naturale dice che i tiranni vanno abbattuti, le storture raddrizzate, gli innocenti vendicati.
(F. Abate, Il complotto dei calafati)
Letteratura e cinema, si
sa, sono un’incredibile rampa di lancio per la promozione turistica di un
territorio. Basti pensare a tutto il turismo che in Inghilterra ruota attorno
alla figura di Jane Austen e ai suoi romanzi: Bath, città di villeggiatura frequentata
dalla scrittrice, Chawton, dove si trovava la casa di famiglia degli Austen,
Chatsworth House ossia la Pemberley dove in Orgoglio e Pregiduzio vive il bel
tenebroso Mr. Darcy. Passando all’Italia, invece, come non pensare alla Sicilia
di Salvo Montalbano che, fra Punta Secca, Scicli, Modica, Ragusa, racchiude in
sé l’immaginaria Vigata dell’amatissimo commissario? E questi sono solo alcuni
esempi.
Leggendo Il complotto dei calafati di Francesco Abate, viene in effetti da chiedersi se l’autore cagliaritano riuscirà a fare altrettanto con la sua Sardegna. Di fatto Abate sceglie, per ambientare il secondo episodio delle imprese investigative di Clara Simon, di raccontare una Sardegna insolita e poco nota, lontana dai luoghi comuni dell’immaginario collettivo che, quando si parla di Sardegna, evocano per lo più scene di VIP festaioli e yacht di lusso o, all’opposto, di borghi sperduti di pastori ultracentenari. Sicuramente, il libro di Abate riesce a incuriosire il lettore con una storia che si svolge nella Cagliari del 1905.
Leggendo Il complotto dei calafati di Francesco Abate, viene in effetti da chiedersi se l’autore cagliaritano riuscirà a fare altrettanto con la sua Sardegna. Di fatto Abate sceglie, per ambientare il secondo episodio delle imprese investigative di Clara Simon, di raccontare una Sardegna insolita e poco nota, lontana dai luoghi comuni dell’immaginario collettivo che, quando si parla di Sardegna, evocano per lo più scene di VIP festaioli e yacht di lusso o, all’opposto, di borghi sperduti di pastori ultracentenari. Sicuramente, il libro di Abate riesce a incuriosire il lettore con una storia che si svolge nella Cagliari del 1905.
Come inusuale è
l’ambientazione, così lo è la protagonista: Clara Simon (già al centro del
primo romanzo I delitti della salina, pubblicato nel 2020), è l’eccentrica
giornalista dell’Unione Sarda, unica donna fra i colleghi, figlia di un
capitano della marina militare e di una donna cinese. Curiosa e determinata, la
ventunenne, pur appartenendo a una delle ricche famiglie della città, affronta
da sempre la diffidenza dei molti che la considerano “la piccola cinese dei
Simon”, “la bizzosa mezzosangue” e che non capiscono perché una ragazza si sia
messa in testa di darsi a un lavoro prettamente maschile come il giornalismo. Forse
proprio perché sa cosa vuol dire essere guardata con sufficienza, Clara è
attenta e sensibile alle vicende della povera gente: le operaie che faticano
nei saponifici, i ragazzi di strada. Nel romanzo la giornalista-investigatrice
si trova fare luce sul brutale assassinio dei baroni Cabras, trucidati durante
un maldestro tentativo di rapina, o almeno così pare. L’accompagnano nelle
ricerche il collega-amico-cavalierservente Ugo Fassberger, e il capitano dei carabinieri,
Rodolfo Saporito, in un simpatico intreccio di vicende d’amore e poliziesche
La vicenda prende le
mosse da un fatto storico, il terremoto che tra il 7 e l’8 settembre del 1905
colpì la Calabria. Un po’ ovunque, e in Sardegna in particolare, la notizia del
sisma suscitò quella che solitamente si definisce una gara di solidarietà a
favore delle popolazioni colpite dall’evento. Il romanzo apre proprio con la
descrizione di due feste di raccolta fondi, quella a villa Pernis, a cui
partecipa il fior fiore della nobiltà e della borghesia, e il gran ballo
popolare pro Calabria nel magazzino di Martino Ganecoddai, chiassosa festa
danzante a base di fiumi di alcool. Con brio e leggerezza il romanzo svela gradualmente
al lettore la realtà di un Sardegna che non si aspetta, quella della Belle Époque,
con la sua fiducia nella scienza e nel progresso, il fervore di attività
industriali e commerciali, il dinamismo mondano dei cafè chantant, dei teatri,
delle feste.
Si tratta, nel caso della
Cagliari raccontata da Abate, di una comunità poco chiusa nella sua insularità,
ma anzi molto aperta a un via vai di gente che sull’isola soggiorna o si
stabilisce. E non tutto ciò che viene narrato è da ascrivere alla fantasia dell’autore,
ma trova le radici nella realtà storica dell’epoca. Una comunità cinese
esisteva, infatti, a Cagliari fino dagli inizi del Novecento, anche se arrivò
in epoca successiva al 1905 (opportunamente, l’autore si è preso la licenza
poetica che spetta di diritto a qualsiasi scrittore, anticipando di una decina
di anni il fatto). Anche immigrati dalle valli montane della Svizzera si
trovavano in Sardegna in cerca di fortuna (molti di loro aprirono caffè o
torrefazioni) e a questa presenza storica si ispira il personaggio di Ugo
Fassberger, per metà svizzero. Abate poi
è attento a riportare l’atmosfera delle prime rivendicazioni sociali, dei
lavoratori che reclamano un ruolo migliore nella società (fra cui i calafati
del titolo) e delle operaie delle fabbriche che orgogliosamente escono dalle
case per guadagnare e fornire il loro contributo all’economia delle famiglie e
della loro città.
Uno dei personaggi del
romanzo (ed è uno di quei personaggi che, per quanto secondario nella vicenda,
contribuirà in modo significativo alla risoluzione del caso) è Max Leopold
Wagner, fotografo, linguista, etnografo che soggiornò realmente in Sardegna nel
1905, contribuendo con suoi studi alla conoscenza e catalogazione dei dialetti
sardi.
Insomma, un po’ giallo,
un po’ romanzo d’ambientazione storica, un po’ “cartolina” di Cagliari, Il
complotto dei calafati è un libro che può essere letto in diversi modi. E
chissà che Clara Simon non si avvii a diventare una sorta di Montalbano in gonnella…